La prima canzone del progetto Rivalutare il dimenticato, eseguita dagli amici Pocaombra
di Bruno Cherubini
Gorizia è una delle canzoni più significative e celebri del repertorio antimilitarista (e anche anarchico) della tradizione popolare italiana. L’impianto deriva probabilmente da un’altra canzone, O Venezia, di epoca risorgimentale, che ricorda gli eventi del biennio repubblicano (1848-1849), che a sua volta si rifà vagamente alle arie verdiane o più generalmente dell’opera italiana del periodo.
Se non le note almeno lo spirito della canzone attraversa la laguna e, come molti altri canti risorgimentali, viene adattato alla nuova situazione da quei soldati che cercavano un modo familiare di esprimere una situazione completamente nuova e devastante. Secondo Cesare Bermani, storico esperto di storia orale che raccolse la testimonianza di un ex soldato, i fanti italiani cantavano queste parole nei giorni che seguirono la sanguinosissima presa di Gorizia dell’8 agosto 1916.
Un breve accenno al contesto storico: dopo il contenimento della Strafexpedition l’esercito italiano attraversa una fase di riorganizzamento e potenziamento, che si tramuta presto in una pressione più o meno potente sulle linee difensive austriache. Il piano è quello di un attacco sul Carso, nonostante il bassissimo morale delle truppe italiane (pure parzialmente risollevato dai modesti successi militari) e nonostante la ancora evidente superiorità imperialregia: anche quando vince, l’esercito del Regno accusa molte più perdite (proporzionalmente, almeno) dei suoi avversari. L’offensiva che viene lanciata i primi di agosto passa alla storia come “Sesta battaglia dell’Isonzo”: dopo quattro giorni di combattimenti nella zona (Podgora, Oslavia, Sabotino, San Michele…) l’esercito italiano entra a Gorizia.
Il fronte prima e dopo le battaglie dell’Isonzo,via Wikimedia Commons
Un’importante tappa nella storia (e nel successo) di Gorizia fu il suo inserimento nel repertorio del Nuovo Canzoniere Italiano, cosa che la fece conoscere al grande pubblico e la portò nei repertori degli autori folk più impegnati, come Giovanna Daffini. Proprio Gorizia fu la protagonista di un episodio famoso, così ricordato dal sito antiwarsongs, che riporta una testimonianza di Giovanna Marini
Nel 1964 venne presentata al Festival dei Due Mondi di Spoleto dal Nuovo Canzoniere Italiano nello spettacolo “Bella ciao”, suscitando l’ira dei benpensanti. Quando Michele L. Straniero e Fausto Amodei iniziarono a cantare “Gorizia” avvennero incidenti in sala; la destra cercò di impedire le rappresentazioni; Straniero, Leydi, Crivelli e Bosio furono denunciati per vilipendio delle forze armate.
[Michele Straniero], avendo sostituito nell’esecuzione di O Gorizia tu sei maledetta Sandra Mantovani, vittima di un abbassamento di voce, cantò infatti una strofa non prevista (Traditori signori ufficiali / che la guerra l’avete voluta/ scannatori di carne venduta / e rovina della gioventù) che suscitò in sala la reazione di un ufficiale e di talune signore impellicciate, mentre nelle serate successive lo spettacolo sarebbe stato costantemente disturbato da gruppetti di fascisti. Quello scandalo al centro dell’interesse giornalistico per oltre una settimana sarà peraltro il miglior lancio per I Dischi del Sole, che potenziano così la loro presenza politico-culturale nel paese.
(Cesare Bermani, da A – rivista anarchica)
“Finalmente siamo in scena di fronte a una sala tutta piena. Cominciamo a cantare. Silenzio tombale : sono tutti incuriositi da questi canti, a partire dal Bella Ciao di Giovanna Daffini. Via via che si procede, crescono i commenti, mormorati, qualche volta anche detti ad alta voce. Alla strofa di Sandra Mantovani “…e nelle stalle più non vogliam morir…” una voce di donna urla : “Posseggo duecento anime e nessuna di loro è morta nelle stalle!”. Seguono una serie di “Buuuu” dal loggione.
Finalmente si alza Michele Straniero e intona Gorizia. Alla strofa “Traditori signori ufficiali / voi la guerra l’avete voluta / scannatori di carne venduta / questa guerra ci insegni a punir” succede l’ira di Dio. Una voce si leva dalla platea : “Evviva gli ufficiali” seguita da cori di “Evviva l’Italia”. Dal loggione arriva, una risposta immediata e viene lanciata in platea una sedia, mentre si intona Bandiera Rossa. Dal basso rispondono con Faccetta Nera. Spintoni a destra e a sinistra. Tutt’intorno, la gente continua a discutere sempre più “animatamente”. Insomma, si menano.”
Come sempre capita in questi casi noi non possiamo sapere quanto il testo a noi pervenuto sia fedele all’originale e quanto si tratti invece di reinterpretazioni e riscritture successive. Ma è nella stessa natura delle canzoni popolari l’essere oggetto di tale processo, ed è anche questo il senso stesso della nostra operazione: riportarle all’oggi, e impedire che diventino dei semplici pezzi da museo. Come già fecero nel 1964, anche noi abbiamo voluto inserire la strofa Traditori signori ufficiali, originalmente contenuta in O Venezia, un po’ per ricordare le origini della canzone, un po’ per restituirne al massimo il carattere tragico. Ugualmente abbiamo voluto fare una modifica noi stessi, sostituendo il tradizionale vigliacchi della quarta strofa con un più rivoluzionario Borghesi, stavolta a sottolineare sia il fatto che Gorizia è stata (in seguito alla guerra, naturalmente) spesso considerata una canzone della tradizione anarchica, sia a voler rimarcare la separazione che i soldati al fronte sentivano rispetto a chi rimaneva a casa. Buon ascolto!