di Bruno Cherubini

Reginald Pole

Reginald Pole (1500-1558) fu un cardinale inglese, uno dei protagonisti della stagione della Riforma e Controriforma. Si formò culturalmente negli ambienti colti dell’Italia della prima metà del Cinquecento, della quale assorbì soprattutto l’ardore riformistico e la profonda devozione a Roma. Erano questi gli anni della Riforma protestante: l’Italia conosceva una grandissima diffusione delle idee e degli scritti dei riformatori europei: Lutero, Calvino, Melantone… anche nella chiesa romana sembravano esserci spazi di libertà per chi cercava il rinnovamento morale e spirituale del cattolicesimo, nonostante le durissime reazioni conservatrici degli ambienti più fortemente legati alla curia e allo zelo censorio di alcuni importanti personaggi.

Nonostante fosse assolutamente convinto della necessità di un rinnovamento morale, Pole non aveva dubbi sulla sua fedeltà a Roma e sulla necessità di un rappresentante di Cristo sul soglio di Pietro: tutti i suoi sforzi e le sue iniziative si ricondurranno sempre all’interno della chiesa cattolica. Nel 1536 firmò, insieme ad altri personaggi come il vescovo di Verona Giberti e il futuro inquisitore supremo e papa Giovan Pietro Carafa, il “Consilium de emendanda Ecclesia”: un documento che conteneva una serie di proposte e suggerimenti per una riforma ecclesiastica, sia istituzionale che morale che dottrinale, che potesse forse essere un passo nella direzione della ricomposizione degli scismi europei.

Il documento rimase lettera morta, ma il gruppo che lo firmò rappresenta in un certo senso l’ultima volta che gli spiriti riformatori della chiesa romana si ritrovarono su di un unico fronte: da lì poi si separarono tra chi deciderà di perseguire il dissenso con metodi polizieschi e inquisitori, come il Carafa, che diventerà il primo inquisitore supremo nel 1542, alla fondazione dell’Inquisizione romana; tra chi invece cercherà una via al rinnovamento soprattutto morale, attraverso l’opera sul territorio delle diocesi, come il Giberti, che però finirà anche lui vittima delle persecuzioni inquisitorie, e infine tra chi, come il Pole, cercò invece ancora una via riconciliatrice che passasse attraverso la dottrina e la riforma dell’intero corpo ecclesiale.

Attorno a Pole si formò un importante circolo di letterati, intellettuali e uomini di chiesa che ne condividevano le idee e che guardavano con interesse agli sconvolgimenti che stavano accadendo nell’ecumene cristiano. Sotto la sua protezione si poterono riunire quei personaggi che altrove avrebbero rischiato la persecuzione, o, addirittura, la morte. Negli anni ’40 Pole, insieme al suo amico e collaboratore Alvise Priuli, si avvicinò al circolo dei cosiddetti “spirituali” di Napoli, che si rifacevano alle dottrine del teologo Juan de Valdés e, più generalmente, all’alumbradismo spagnolo. Erano queste dottrine profondamente eterodosse, molto più vicine alle idee di Lutero di quanto la “maschera” letterale erasmiana potesse far supporre: sotto, cioè, a un’apparenza misticheggiante e conciliatrice si nascondevano tensioni riformatrici molto forti e radicali. Si trattava, infatti, per costoro di trovare l’illuminazione spirituale (da cui il nome) in maniera del tutto personale e diretta con il divino, nascondendosi se necessario sotto dottrine accettate per poter continuare ad operare. Valdés morì nello stesso periodo in cui Pole si avvicinava al circolo degli spirituali, per cui il cardinale inglese ne divenne in un certo modo il patrono: si trasferirono da Napoli alla residenza viterbese del Pole, e da lì operarono nei primi anni ’40 cercando di far conoscere, sempre cautamente, le idee e le tensioni riformatrici del gruppo. In questo periodo il gruppo, anche grazie alla protezione di Pole, conobbe un grande crescita, e le sue idee venivano propagandate da famosi predicatori come Bernardino Ochino. Attorno agli spirituali orbitarono i più importanti personaggi della riforma italiana: Vittore Soranzo, Giulia Gonzaga, Pietro Carnesecchi, don Benedetto Fontanini da Mantova, Marcantonio Flaminio. Proprio questi ultimi due furono gli autori del Beneficio di Christo, un importante scritto che trovò grandissima diffusione negli ambienti riformatori italiani: sotto l’apparenza di un libello di devozione mistica si nascondeva infatti un efficace compendio delle idee degli spirituali, virate in sapore calvinista forse proprio dopo l’intervento del Flaminio.

Il successo del gruppo però ebbe vita breve. Nel 1541 fallisce il tentativo di riappacificazione della dieta di Ratisbona, nel 1542 muore il Contarini, un influente cardinale riformatore: gli spazi interni alla chiesa per un compromesso tra istanze conservatrici e instanze rinnovatrici si chiudono definitivamente. Poco prima della morte del Contarini Paolo III aveva istituito l’Inquisizione romana, con a capo il già citato Carafa. La linea intransigente e repressiva ha la meglio, e guiderà l’azione della chiesa romana almeno per i successivi quattro secoli. Gli intellettuali legati al gruppo degli spirituali cominciano ad essere ben presto perseguitati, e alcuni, come Bernardino Ochino, decidono di scappare nei territori controllati dai riformati.

Nonostante questo l’influenza del Pole nella curia romana non viene meno, tanto che viene chiamato a presiedere le prime sedute del Concilio di Trento: sotto la sua protezione il gruppo degli spirituali riesce ancora ad operare attivamente. Anzi, ai vertici della chiesa rimangono ancora comunque delle personalità aperte al dialogo, come il principe-vescovo di Trento Cristoforo Madruzzo, Giovanni Morone, Pietro Bembo, Ercole Gonzaga, Girolamo Seripando, Pier Paolo Vergerio, nonché una serie di importanti aristocratici della penisola. La prudenza e la fedeltà a Roma del Pole gli varranno anzi frequenti e dure accuse di viltà e opportunismo, mentre gli spiriti più radicali, di fronte alla tragica scelta se rimanere in Italia in silenzio o fuggire, prendevano la seconda strada.

“Non posso fare in vero ch’io non mi maravigli grandemente del cardinal Polo d’Inghilterra col suo Priuli e Flaminio, del cardinal Morone, del signor Ascanio Colonna, del signor Camillo Orsino et de molti altri huomini di grandissima autorità sì in lettere sì in altre dignità mondane, i quali paiono haver fatto una nuova scola d’un christianesimo ordinato alloro modo […] ma non vogliono poi admettere le consequentie che indi necessariamente ne seguono, percioché vogliono con questo tuttavia sostentare il papato, vogliono havere le messe, vogliono osservare mille altre papistice superstitioni et impietà […]. Ma di gratia, ditemi un poco che convenientia può avere Christo con Belial?”

(Francesco Negri, Tragedia del libero arbitrio, citato in Massimo Firpo, Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari, 1993, pp. 131-132)

Pole rimase un influente cardinale in curia ancora per poco tempo. Nei conclavi del 1549 e del 1555 sembrò essere ad un passo dall’elezione al soglio pontificio, ma venne bloccato da dei dossier preparati dal Carafa, che ne mettevano in dubbio l’ortodossia. Nel 1554 venne inviato in Inghilterra ad aiutare Maria la cattolica a restaurare l’unità con Roma della chiesa anglicana, e lì vi morì nel 1558, odiato da entrambi i fronti, “in opinione a Roma di lutherano et in Alemagna di papista”.


Letture:

  • Massimo Firpo, Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari, 1993

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