La prima volta che. . . lo spogliarello in Italia

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Historical Knowledge ha il piacere di presentarvi la nuova rubrica “La prima volta che…”, un viaggio attraverso le prime volte della storia. Oggi Emiliano ci racconta la vicenda del primo spogliarello italiano, un fatto che oggi passerebbe inosservato ma che allora scatenò un clamoroso scandalo dagli echi internazionali. Buona lettura!


Era la sera del 5 novembre 1958, Roma. Il facoltoso americano Peter Howard Vanderbilt aveva affittato il ristorante Rugantino, all’epoca uno dei locali più alla moda del Trastevere, per i festeggiamenti del venticinquesimo compleanno dell’amica contessa Olghina Di Robilant. Un evento mondano scaldato dalla musica spumeggiante della locale “II Roman New Orleans Jazz Band“.

Più di cento i presenti, tutti membri della Roma bene: scrittori, politici, giovani rampolli di famiglie nobili e imprenditoriali, star del jet set come Elsa Martinelli o Anita Ekberg. Tra questi v’era anche la giovane e sconosciuta danzatrice del ventre, di origine turca, Kiash Nanah, nome d’arte Aiché Nanà, che diventò ben presto la protagonista assoluta della serata[1].

Enrico Lucherini[2], famoso press agent anch’egli presente alla festa, racconta i suoi ricordi di quella sera:

«L’atmosfera s’era fatta molto brillante, si scherzava, si ballava sui tavoli, […] alcuni invitati cominciarono a buttare per terra le loro giacche e Aiché si produsse in una danza del ventre molto bella, sensuale, audace. Prima fece volare via i sandali, poi pian piano si sfilò l’abito, la sottoveste, il reggiseno. Era la prima volta che in una festa privata succedeva una cosa del genere. La festeggiata, Olghina, era molto scocciata, non le piacque affatto quel che stava accadendo. Io mi divertivo come un pazzo.»[3]

I paparazzi presenti, rapiti da questo caldo spettacolo durato più di mezzora, scattarono foto all’impazzata. Qualcuno però, offeso nel suo senso del pudore, decise di chiamare la polizia che presto irruppe nel locale. Tazio Secchiaroli, autore delle foto rese poi pubbliche, per non vedersi sequestrato il suo lavoro passò di nascosto i rullini al Lucherini che, uscendo dal locale senza essere perquisito, li riconsegnò al fotografo qualche ora più tardi. Le foto vennero poi pubblicate sul settimanale “L’Espresso” scatenando un clamoroso scandalo, di risonanza internazionale, che fece inorridire l’Italietta bigotta e benpensante di quegli anni[4].

Aichè nanà 1958 Rugantino

Paradigmatiche di quel clima di puritano disprezzo risultano le parole pubblicate dal settimanale “Epoca” il 16 novembre di quell’anno:

«Queste fotografie documentano – soltanto in parte, si capisce – lo scandaletto che ha impegnato per qualche giorno i cronisti della Capitale e i moralisti in redazione […] squallida la vicenda, squallidi i protagonisti: pittrici la cui reputazione è affidata più ai bikini che ai pennelli, nobili i cui nomi ricorrono con ragguardevole frequenza nelle cronache giudiziarie, attori di scarso talento e attrici di abbondanti proporzioni […] questi ricchi borghesi, questi principi, in fondo, fanno pena: i loro antenati si conquistarono un nome coi commerci o con le armi, mentre la loro notorietà si raccomanda attualmente – più che altro – ai registri dei commissariati.»[5]

Lo scandalo , spinto dalle foto e dall’attenzione dei media, mise in moto la magistratura che imbastì un processo contro la Nanà, accusata di atti osceni in luogo pubblico, e per verificare eventuali altre responsabilità dei presenti[6]. Gli esiti della vicenda vennero bene espressi da un articolo pubblicato sul settimanale “Europeo” il 23 novembre 1958:

«Un giovane miliardario americano scacciato dall’Italia con ignomia, una contessina messa al bando dal suo mondo, un ristorante chiuso a tempo indeterminato, un’orchestra disoccupata, un giornale sequestrato e un sottosegretario insolentito in pubblico: è questo in breve il risultato della festa del Rugantino, lo scandalo malinconico e un po’ assurdo che ha rotto per qualche giorno la noia di quest’autunno romano.»[7]

La vicenda giudiziaria si chiuse nel 1962 quando la corte d’appello di Roma confermò la condanna a due mesi di reclusione per la danzatrice, assolvendo gli altri partecipanti alla serata. Poco tempo prima dell’inizio del processo la Nanà, timorosa per la possibile condanna, ebbe a dichiarare in un’intervista per il settimanale “Le Ore” (4 luglio 1961) di essere stata drogata, precisando:

«Mi hanno fatto bere molto… un whisky dopo l’altro […] ad un certo momento, qualcuno mi ha allungato una sigaretta… ho sentito che attorno a me ridevano mentre io fumavo… Mi ha invaso una sorta di euforica frenesia, qualcosa di incontrollabile che mi dava, però, un senso di indefinibile contentezza…»[8]

Questo primo spogliarello che face tanto scalpore nella Roma di allora, venne poi ripreso dal regista Federico Fellini che ne fece la scena finale del film “La Dolce vita”.


Le immagini utilizzate sono di pubblico dominio.


[1] Gundle Stephen, Dolce vita. Sesso, potere e politica nell’Italia del caso Montesi, Milano, Rizzoli, 2012.

[2] Questa versione è stata peraltro sconfessata dalla festeggiata Olga di Robilant Cfr. Olga di Robilant, “Rugantino”: la verità, http://olgopinions.blog.kataweb.it/2010/07/13/rugantino-la-verita/, 10/08/2014.

[3] Testimonianza di Enrico Lucherini cit. in Alessandra Vitali, Addio Aichè Nanà, con il suo spogliarello nacque la Dolce vita, http://www.repubblica.it/spettacoli/people/2014/01/29/news/aich_nan-77242293/, 10/08/2014.

[4] Alessandra Vitali, Addio Aiché Nanà, cit.

[5] Frammento di articolo tratto dal settimanale “Epoca” del 16/11/1958 cit. in Aurelio Magistà, Dolce vita gossip. Star, amori, mondanità e kolossal negli anni d’oro di Cinecittà, Milano, Mondadori, 2007, p. 66.

[6] Larea Laurenzi, Dolce vita. Aichè Nanà, lo strip che cambiò l’ Italia, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/17/dolce-vita-aiche-nana-lo-strip.html, 10/08/2014.

[7] Frammento di articolo tratto dal settimanale “Europeo” del 23/11/1958 cit. in Aurelio Magistà, Dolce vita gossip, cit., p. 66.

[8] Frammento di articolo tratto dal settimanale “Le Ore” del 04/07/1961 cit. in Aurelio Magistà, Dolce vita gossip, cit., p. 70.

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